mercoledì 12 maggio 2010

3) ABORTO

Molto più travagliata e sofferta fu la legge per la legalizzazione dell’aborto, che era già in vigore in altri stati europei. La prima stesura venne presentata nel 1970 dalla sinistra PCI–PSI-PSD, più repubblicani e radicali (c’era anche Rutelli fra loro), e fu appoggiata dai più importanti giornali italiani. Nuovamente il mondo cattolico, specialmente femminile, si ritrovò tutt’altro che compatto: la grande piaga dell’aborto clandestino, che colpiva le donne meno abbienti, semplicemente non poteva essere ignorata. Chi aveva possibilità economiche andava ad abortire in Inghilterra, o si affidava a medici esosi e compiacenti, oppure approfittava di cliniche private dove l’intervento veniva registrato come aborto spontaneo. La DC, che al tempo aveva larga maggioranza, non avrebbe avuto nessuna difficoltà a condurre un’opposizione, ma non lo fece. Era il periodo del compromesso storico, e la DC scelse la stabilità di governo. Ma l’iter della legge fu comunque estenuante: gli stessi parlamentari della DC disertavano le sedute, soprattutto dopo che il governo Moro ebbe dichiarato, nel 1975, di ritenere quella dell’aborto una scelta individuale. Anche in questo caso ci volle un referendum, quello del 1981, per arrivare alla depenalizzazione dell’interruzione di gravidanza, che veniva nel frattempo regolamentata molto più adeguatamente. Al momento della ratifica, Andreotti dichiarò che la sua firma avrebbe pesato sulla sua coscienza per sempre, e che avrebbe preferito dimettersi. Poi però non lo fece, come non lo fece nessun altro senatore DC che appose la propria firma.

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